Descrizione
Copi, ovvero Raúl Damonte Botana (1939-1987), un artista oltre i confini. Confini geografici, attraversati per fuggire in Francia dall’Argentina peronista; di lingua, fra spagnolo e francese; di genere, fra teatro, narrativa e fumetto (è sua la famosa Donna seduta). Oltre i sessi e le identità, in un universo permanentemente transgender e folle: topi che parlano, transessuali che partoriscono, astronaute che esplodono, morti che si rialzano…
Questo libro, il primo libro di studi su questo autore mai pubblicato in Europa e realizzato a partire da un convegno organizzato da Teatri di Vita, raccoglie articoli e saggi di studiosi e critici di vari paesi, che affrontano i molti aspetti dell’opera di Copi secondo diverse metodologie. Ne emerge il ritratto di un autore di imponente levatura, dall’originale linguaggio in equilibrio tra rigore drammaturgico e invenzione anarchica, tra lucidità concettuale e delirio comico.
Copi, di cui vengono riproposte anche due interviste ‘perdute’, spezza le regole, creando altri mondi per descrivere il nostro con strampalata amarezza. Un teatro genialmente inopportuno, che spiazza e seduce parlando di sesso e morte, potere e violenza, identità e storia, dal caustico Eva Perón al lisergico Loretta Strong, dalla psicoanalisi surreale del Frigo al metateatro grottesco della Notte di madame Lucienne, dall’apocalisse moderna della Torre della Défense al cannibalismo sottoproletario di Cachafaz. Fino a Una visita inopportuna, in cui Copi, pochi giorni prima di morire, ride di se stesso malato di Aids, in un’ultima sfida al teatro e alla vita.
Corredano l’opera una dettagliata biografia, e poi: bibliografia, teatrografia e apparato iconografico degli spettacoli principali.
Oggi che c’è un cinema transgender, tutti gli onori al genio anticipatore, l’argentino Raúl Damonte Botana, in arte Copi, disegnatore di fumetti (la sua famosa donna seduta) autore e attore morto nel 1987 di Aids che lanciò un “teatro inopportuno”. Rispetto al comune sentimento del pudore di allora, Copi fece salti mortali, apparendo in scena in abiti femminili e prodigandosi nella ricerca di un unicuum sessuale che fosse anche fonte di grottesche e più larghe polemiche. Eccolo-a in “Eva Peron”, che ora la brava Iaia Forte ha ripreso in scena, eccolo come la Signora nelle “Bonnes” di Genet, in Italia, che fu sua seconda patria, specie Milano che lo ospitò a lungo al Gerolamo.
Ora Copi è vivisezionato senza ansie freudiane ma con affetto competente in un bel volume curato da Stefano Casi con la prefazione di Enzo Moscato e contributi di studiosi ed esperti come Franco Quadri, Bauer e Sandro Avanzo, autore di un’intervista a 360 gradi, datata Venezia ’86, caffè Florian, su Raúl che ama naturalmente la sua mamma. Tornano in mente le sue eroine mutanti, Loretta ed Evita, le sue provocazioni, la sua cinica intelligenza, complementare a quella di Manuel Puig, tra anarchia intellettuale e delirio, in un calcolato caleidoscopio di identità. E si ricordano le tappe italiane, la coraggiosa Melato e il non ancora scoperto Toni Servillo in “Tango barbaro”, le due edizioni di “L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi”, testimonianza di uno stile che sembra ancora in anticipo, possedendo l’atemporalità poetica.
(recensione di Maurizio Porro, “Corriere della sera”, 20 maggio 2008)