Profumo di terra bagnata

di Sanam Naderi

regia Francesco Simonetta

produzione Teatri di Vita

con il contributo di Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, Ministero della Cultura

C’è un popolo che in questi giorni sta lottando per la libertà contro un regime violento, in una lotta che è partita dalle donne e dai loro diritti, al grido di “Donna Vita Libertà”. L’Iran sta vivendo i suoi momenti più drammatici della storia recente, spesso nell’indifferenza o nella paralisi del mondo che lo circonda. Ma le donne e il popolo dell’Iran continuano a invocare a gran voce la necessità di un cambiamento. Anche attraverso l’arte.

Ecco allora la potente testimonianza di un’artista, che già Teatri di Vita ha ospitato durante il festival Cuore di Persia di 7 anni fa, Sanam Naderi, in un monologo di grande intensità, che ha come protagonista una donna, figlia di un padre mai conosciuto, abbandonata troppo presto al suo destino, sola in un mondo dove il proibito risveglia i desideri. Impaurita, isolata misteriosamente dal resto del mondo, vola con la fantasia, nel profumo dei ricordi e nei suoi colori per allontanare il gelo e l’oscurità, accompagnata dalla speranza della salvezza e di un futuro migliore, in attesa di un destino: forse la vita, forse la morte.

Sanam Naderi è attrice, traduttrice e scrittrice iraniana, e ha lavorato in Italia, in Iran e in diversi paesi europei, con il Teatro dell’Argine e i Cantieri Meticci di Bologna e la Compagnia Moj Theatre di Teheran. Ha tradotto e pubblicato in farsi diversi testi tra cui I gemelli veneziani di Carlo Goldoni e Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini. È autrice e regista di diversi spettacoli tra cui “Open” che ha debuttato al Teatro Testoni Ragazzi di Bologna.

Francesco Simonetta è fondatore della compagnia teatrale KIN31 nella quale lavora anche come attore e regista, e cofondatore della compagnia teatrale Cantieri Meticci, per cui lavora come attore, regista e guida di laboratorio.

Visioni critiche

Siamo sempre incuriositi dai cartelloni che programmano pezzi inediti di drammaturgia contemporanea.
“Profumo di terra bagnata”, nuova produzione di Teatri di Vita con la regia di Francesco Simonetta – regista radicato a Bologna con le compagnie KIN31 e Cantieri Meticci -, è un lavoro senza fronzoli di teatro militante: asciutto, schietto, essenziale, a tratti leggermente grezzo (nel senso migliore del termine).

Il monologo, scritto e interpretato dall’attrice iraniana Sanam Naderi, che risiede in Italia dal 2004, offre al pubblico uno spaccato del proprio Paese d’origine. Le notizie sullo stato di regime che opprime questa nazione ci arrivano dai giornali (ultima, in ordine di tempo, la notizia sulle centinaia di bambine e ragazze avvelenate con l’intento di chiudere le scuole femminili); eppure per qualche ragione – seppure si tratti di informazioni terribili – sembrano non entrare mai abbastanza nelle nostre vite. Chiusi nel nostro piccolo angolo di mondo, tutto sommato fatto di comodità e certezze, il più delle volte ci si sente distanti o estranei a tutto ciò.

Una musica lieve e una voce femminile che canta accolgono il pubblico in sala, avvolgendolo delicatamente con il suono di un pianoforte. Poi, da sotto un lenzuolo bianco, emerge una donna vestita di nero. Scopriamo essere segregata da qualche parte: con sé non ha nulla, è sola con i propri ricordi, ma anche quelli poco alla volta le vengono strappati via.
Per non cadere nell’oblio di sé la donna allora si racconta, canta, danza, aggrappandosi a quell’unico lenzuolo e agli odori che ancora sente impressi nella memoria.

L’attrice – in parte ancora un po’ acerba dal punto di vista tecnico – si cala nel personaggio con placida determinazione, riuscendo a ricreare i momenti più significativi e traumatici vissuti nell’arco di una vita. La vediamo bambina, adolescente, giovane donna… alle prese con la ricerca di qualcosa che possa salvarla.

La sua sofferenza è causata dalle profonde ingiustizie perpetuate nel suo Paese e dalla negazione dei diritti fondamentali che le sono stati preclusi dal giorno della nascita. È una peccatrice, una figlia illegittima: il padre non l’ha mai conosciuto, sa solo che era un soldato; la madre invece l’ha cresciuta nell’ombra, tenendola nascosta sino ai cinque anni; poi, incapace di continuare a mantenerla, l’ha abbandonata. La bimba, rimasta sola, si perde in mezzo al marasma di una folla e rimane scioccata dall’assistere alla terribile esecuzione di un uomo.

La narrazione procede come una dolce cantilena, triste, a tratti disperata, fino a trasformarsi in un grido di lucida protesta. Cosa la potrà salvare? La sua forza d’animo, la speranza, il desiderio di libertà? O solo la morte?
Lo spettacolo, dedicato a tutte le donne iraniane che lottano quotidianamente per il riconoscimento dei propri diritti, provoca nel pubblico un forte moto di coinvolgimento interiore. E quando le luci si spengono repentinamente, la platea viene assalita da un turbamento, come se avesse sentito la terra tremare sotto i piedi: e se quelle donne fossimo noi?

L’attrice interrompe rapidamente gli applausi per ricordare Mehdi Zare Ashkzari (studente iraniano trasferitosi a Bologna per studiare Farmacia), che recentemente è venuto a mancare in seguito alle terribili torture subite in carcere. Tornato a casa per assistere la madre in fin di vita, era infatti stato arrestato per aver preso parte a manifestazioni di protesta in supporto ai diritti delle donne.

Per approfondire ulteriormente la questione iraniana, dal 20 al 26 febbraio, la manifestazione Bologna per l’Iran ha proposto eventi di solidarietà e vicinanza al popolo iraniano, organizzati congiuntamente da Comune, Università e Cineteca di Bologna.