
Il piacere – I
di Gabriele D’Annunzio
riletto da Andrea Adriatico
e Nicolò Collivignarelli, Sofia Longhini
e Michele Balducci, Patrizia Bernardi, Innocenzo Capriuoli, Alessio Genchi
e Andrea Barberini, Giovanni Santecchia per le scene e i costumi
e Eric Benda, Lorenzo Fedi per suono, immagini e allestimento
e Enea Bucchi per trucco e parrucco
e Anas Arqawi, Giulia Serinelli per la cura
prodotto da Saverio Peschechera
produzione Teatri di Vita
con il contributo di Comune di Bologna, Regione Emilia-Romagna, Ministero della Cultura
con il patrocinio della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani e del Centro Nazionale Studi Dannunziani
prima nazionale
venerdì 14 marzo, ore 21
sabato 15 marzo, ore 20
domenica 16 marzo, ore 17
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Il romanzo Il piacere di D’Annunzio è un classico del decadentismo, ambientato nella cornice della Roma rinascimentale e barocca, che racconta la passione tra Andrea Sperelli ed Elena Muti. Il protagonista incarna il modello dell’eroe decadente che intende la propria esistenza come ricerca delle molteplici sfumature della bellezza e del piacere.
Andrea Adriatico affronta la scrittura di D’Annunzio come una sfida alla sua trasposizione e reinvenzione scenica, mettendo in rotta di collisione il racconto passionale e individuale descritto nella cornice storica degli anni ottanta dell’800, con la temperie storica attuale.
Un progetto di grande respiro, che debutta in occasione dell’anniversario della morte del Vate, avvenuta il 1 marzo 1938, e che si sviluppa in diversi spettacoli. Si comincia con la tappa dedicata al Libro I con cui inizia il romanzo.
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persone spaventose. incontro persone spaventose. affido al mio diario, privato, queste piccole note di memoria.
avevo incrociato d’annunzio molti anni fa, con l’auto dei comizi, quando uno scoppiettante alessandro fullin prendeva fiume su una cinquecento gialla.
stasera arriva in scena il (mio) piacere.
è una visione di d’annunzio certamente più matura, come lo sono io (leggi vecchio).
è una visione che recupera un lungo pensiero su cosa sia la scrittura, su quanto abbiamo bisogno di luoghi comuni, di rifugiarci nella comoda certezza dello slogan: decadentismo, superomismo, destra, fascismo.
parole tornate di moda, semmai qualcuno pensasse abbiano vissuto una decadenza.
quando ero piccolo, ricordo che una zia andava molto fiera di essere andata in viaggio di nozze al vittoriale.
non sul lago di garda, magnifico, ma al vittoriale.
che fu l’ultimo eremo di d’annunzio.
era il segno di un’appartenenza.
l’ultima eco di omaggio ad un eroe popolare, che sapeva inventare parole in mezzo a sorrisi sdentati.
che dava prestigio alle acque minerali (che tutt’oggi bevo) e inventava parole in libertà.
sono tornato in quella casa museo quest’anno.
accompagnato da amici belli con cui ho rivissuto l’ingresso con cui il vate accoglieva in stanze separate gli ospiti graditi e quelli sgraditi.
devo copiare questa indicazione: ospiti graditi e sgraditi, casa, separare!
in questo lavoro c’è nascosto un mio timido e personale pensiero sull’oggi.
dove la destra e la sinistra confondono le proprie opinioni, si scambiano le parole senza riconoscerle, né capirne il senso.
d’annunzio un senso lo aveva ben compreso.
e non era edulcorato, tutt’altro.
puntava al PIACERE, di cui certo è stato schiavo.
non puntava all’amore.
il suo amore è menzogna.
come quello che prova andrea sperelli, protagonista de il piacere, che ama (mentendo) e geme (fingendo).
non c’è verità se non nella decadenza dei fiori.
è la straziante verità di un giovane di fine ottocento che non si preoccupa di scoprirsi bugiardo per conquistare il proprio spazio nel mondo.
il piacere è un romanzo magnifico e spaventoso, che prende il via in una roma lussureggiante che sembra un’immagine di pasolini, nella notte di san silvestro, e passeggia sulla storia di un uomo che avrebbe potuto cambiare il corso del 900.
l’ho fatto mio, come ogni autore che affronto.
in uno spazio tempo che rivela bisogni e follie.
questo viaggio mi ha reso diverso da quello che ero nell’ultima notte di san silvestro vissuta.
è stato un percorso difficilissimo e potente quello che mi porta in scena stasera.
che bello il mio lavoro.
che brutte le persone spaventose che incrocio.
quelle che si affannano a fingere, che inseguono avvocati, che vendono verità, che dimenticano favori.
quelle che pur di avere ragione non vedono le sofferenze dei loro stessi figli.
e si lamentano, si giustificano, allontanando il problema della propria infelicità per inseguire la virtù delle proprie menzogne.
per la prima volta l’umanità mi fa paura.
forse faceva paura anche a d’annunzio, almeno da un certo punto in poi, che si confinò per evitare la politica che fu, l’atmosfera che fu, tra stanze per graditi e librerie per sgraditi.
il piacere sia con noi, in questo “grigio diluvio democratico odierno”.
(Andrea Adriatico)
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Andrea Adriatico, fondatore di Teatri di Vita, è regista teatrale e cinematografico, e architetto. Con i suoi spettacoli esplora le urgenze dei tempi contemporanei, confrontandosi con la politica (come in XYZ. Dialoghi leggeri tra inutili generazioni), i generi (come in eve) e i conflitti (come nell’ultimo Le amarezze di Koltès). I suoi ultimi film, presentati alla Festa del Cinema di Roma, sono Gli anni amari, distribuito a livello internazionale, che ha raccontato la biografia di Mario Mieli, intellettuale del movimento gay, e La solitudine è questa, docufilm su Pier Vittorio Tondelli.
Biglietti
Biglietto intero 19 €
Biglietto ridotto 17 €
Biglietto under30 9 €
Abbonamento stagione 69 €