Sette bambine ebree. Un’opera per Gaza


di Caryl Churchill

traduzione di Stefano Casi

uno spettacolo di Andrea Adriatico

con Anas Arqawi, Nicolò Collivignarelli, Olga Durano, Sofia Longhini

e Andrea Barberini, Giovanni Santecchia per le scene e i costumi
e Eric Benda, Lorenzo Fedi, Davide Riva per suono, immagini e allestimento
e Giulia Serinelli per la cura
prodotto da Saverio Peschechera

produzione Teatri di Vita

con il contributo di Comune di Bologna, Regione Emilia-Romagna, Ministero della Cultura

Anteprime: Festival Opera Prima – Rovigo, 13 giugno 2025
Teatri di Vita – Bologna, 16-17 giugno
Pergine Festival, 12 luglio
Prima nazionale: Kilowatt Festival – Sansepolcro, 16 luglio 2025

Nel 2009 Caryl Churchill scrive una breve composizione in 7 parti: 7 discorsi di adulti rivolti ad altrettante bambine nel corso della storia, dalle persecuzioni naziste ai bombardamenti su Gaza. Un testo poetico e spiazzante, un sussurro e un grido, che mette al centro l’infanzia come capro espiatorio, testimone innocente o pretesto per le decisioni dei grandi: “Dille che è un giocoDille che è una cosa seriaMa non spaventarlaNon dirle che la uccideranno”.

Caryl Churchill, nata a Londra nel 1938, ha esoridto all’inizio degli anni ’60 come autrice di radiodrammi polemicamente antiborghesi ed è oggi considerata la più importante autrice inglese vivente. La sua prima commedia Owners fu prodotta nel 1972 dal Royal Court Theatre. Tra le sue opere più significative, sempre portatrici di tematiche come il femminismo e le politiche sessuali, l’abuso di potere, il colonialismo e la guerra: Cloud nine, Top girls, A mouthful of birds, The Striker, Mad forest, A number, Far away.

Andrea Adriatico, fondatore di Teatri di Vita, è regista teatrale e cinematografico, e architetto. Con i suoi spettacoli esplora le urgenze dei tempi contemporanei, confrontandosi con la politica (come in XYZ. Dialoghi leggeri tra inutili generazioni), i generi (come in eve) e i conflitti (come nell’ultimo Le amarezze di Koltès). I suoi ultimi film, presentati alla Festa del Cinema di Roma, sono Gli anni amari, distribuito a livello internazionale, che ha raccontato la biografia di Mario Mieli, intellettuale del movimento gay, e La solitudine è questa, docufilm su Pier Vittorio Tondelli.

Visioni critiche e social

IDENTITÀ EBRAICA AI TEATRI DI VITA
Il titolo del dramma di Caryl Churchill è decisamente spiazzante: “Sette bambine ebree. Un’opera per Gaza”. Entrando ai Teatri di Vita ieri sera perciò, per l’anteprima della più recente regia di Andrea Adriatico, non si aveva un’idea di ciò a cui effettivamente si sarebbe assistito.
Si tratta di un testo che definirei poetico oltre che teatrale, un poemetto, che dà voce a diverse famiglie ebree, sette per l’appunto, all’interno delle quali ci si suggerisce l’un l’altro parole da dire (o non dire) alle rispettive figlie sulla propria stirpe, sul loro passato, presente e futuro. Viene ripercorsa la storia moderna di un popolo (dalla Shoah in poi) attraverso il significato di quell’appartenenza: dal ruolo di vittime sacrificali a quello di “presunte” vittime, autoassoltesi per ogni atrocità a propria volta commessa.
Il tutto attraverso brevi quadri, che il regista individua tramite rapidissimi passaggi resi evidenti dai cambi di costume e di colonna sonora (dalla tradizione al pop straniante), col giusto ritmo e un’efficace drammaturgia, anche oggettuale, che i quattro attori, Olga Durano, Sofia Longhini, Nicolò Collivignarelli e Anas Arqawi, ben incarnano.
C’è solo un calo di “tensione” nell’eccessivamente prolungato finale (un po’ di tensione del debutto…), in cui interviene una voce diversa a rivolgersi all’ultima bambina, con un fatale cambio di prospettiva.
Adriatico continua, dopo l’operazione compiuta sul “Piacere” dannunziano, a fare entrare la contemporaneità tecnologica (oltre che musicale) nelle sue messe in scena. In questo caso la scelta è dettata dalla situazione stessa, ma direi vi sia una più generale volontà di aggiornamento delle modalità comunicative, oltre che una costante tensione ad attualizzare anche ciò che attuale più non sembra.
“Dille che sono morti dei bambini”. “No, non dirlo”.
Si replica questa sera.
Buoni applausi.