Di donne e di pene

di e con Patrizia Bernardi

produzione Teatri di Vita

con il sostegno di Comune di Bologna, Regione Emilia-Romagna, Ministero della Cultura

Debutto: Bologna, Teatri di Vita, 11 agosto 2022

Uno spettacolo un po’ monologo e un po’ stand-up comedy; un po’ confessione intima e un po’ dialogo col pubblico; un po’ serio e un po’ comico, insomma… di donne e di pene, ovvero: viaggio nella mente di una donna “matura” di fronte alla sua menopausa e ai tanti pensieri che si susseguono negli anni compressi tra il lockdown e la guerra. Da donna. Anzi, da donna in menopausa. 

Patrizia Bernardi è attrice e cofondatrice insieme ad Andrea Adriatico di Teatri di Vita e della compagnia :riflessi. Come attrice, è stata diretta da Adriatico in numerosi spettacoli, come Is, is oil, Un pezzo per sport, La maschia, evǝ e Madame de Sade, per il quale viene candidata nel 1999 al premio Ubu come migliore attrice. Dal 2009 è tra le protagoniste della rinascita culturale de L’Aquila con l’associazione Animammersa, nata dall’esigenza di raccontare e raccogliere attraverso diverse forme d’arte le testimonianze sul terremoto che ha distrutto la città, con la creazione di spettacoli e progetti artistici.

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Visioni critiche

Un microfono ad asta, uno sgabello, una bottiglietta d’acqua. Questi gli indizi depositati sulla scena come un rebus per lo spettatore nei minuti che precedono l’entrata in scena di Patrizia Bernardi per il suo DI DONNE E DI PENE. Un ulteriore, ultimo elemento è nascosto dalla sua trasparenza: il sipario mancante, aperto, a spalancare una scena che intende programmaticamente rifiutare il codice della rappresentazione e dunque dello svelamento, come sempre più spesso capita a teatro nel nostro tempo.
Con questa produzione, Teatri Di Vita sperimentano un linguaggio teatrale alquanto insolito, se non inedito, nella loro pluridecennale attività, caratterizzata da una cifra stilistica consacrata ai crismi dello spettacolo progettato e formalizzato benché ispirato ai principi fondativi dell’avanguardia o, per utilizzare un termine meno generico, del superamento del canone. Il pensiero va soprattutto alla scelta dei testi e degli autori, da Koltés a Pasolini, da Tondelli a Elfriede Jelinek, per citarne solo alcuni: tutti autori, ovvero, accomunati dal portato di contenuto critico sulla società contemporanea ed in molti casi dalla loro
marginalità rispetto ai nomi mediamente conosciuti presso il pubblico più vasto.
Lo spettacolo di Patrizia Bernardi si muove invece nel territorio altro della stand-up comedy, definizione sempre più in voga negli ultimi anni, ad indicare quanto in precedenza si annoverava sotto diciture meno “croccanti” quali monologo o assolo o solo, con l’aggiunta di una connotazione brillante che possiamo far risalire alla tradizione del cabaret.
Torniamo allora alla prima “fotografia”: il palcoscenico, la dotazione di cui lo spettacolo si serve e le componenti che decide di eliminare. La sorgente artistica da cui muove questo “formato” teatrale è indubitabilmente un’esigenza comunicativa, la centralità di una tematica da condividere per la sua avvertita urgenza, il teatro inteso come comunità, come cellula della società in cui innestare l’ingrediente della riflessione e l’utilizzo della comicità come componente, sì, di calore e colore, ma anche come meccanismo per l’analisi compiuta del tema e per la riflessione. Ogni forma di diaframma, di distanza tra attrice e spettatore, nonché di finzione artistica e stilizzazione, diviene integralmente fuori contesto e
persino d’impedimento.
Patrizia Bernardi raggiunge il palcoscenico senza utilizzare le quinte, ovvero l’accesso più diretto, esclusiva degli “officianti” del rito teatrale. Percorre invece un’ala della platea, come a voler fisicizzare la comunanza con il pubblico ed il dialogo che si attiverà. L’attrice si presenta senza trucco né acconciatura (i capelli sono legati con un’elastico in una semplicissima coda), il costume è quanto mai privo di
connotazioni (una sobria blusa bianca lunga fin’oltre le ginocchia e delle calzature sportive di colore nero).
DI DONNE E DI PENE è un titolo assertivo, che già dichiara il tema che intende trattare, lo prende di petto evitando i territori intermedi dell’allusione. La piaga del femminicidio si intreccia con le trasformazioni della società moderna, la questione del gender ed il dialogo intergenerazionale in un momento storico in cui abbondano gli acronimi che ci forzano a riconoscerci in una categoria, in un mega-ego che amplifica il rumore della rivendicazione ma non prolifera in un noi.
La prospettiva del discorso è quella di chi ha visto e vissuto le battaglie per il femminismo, per l’emancipazione, la liberazione sessuale e che oggi può osservare il tutto dall’osservatorio “privilegiato” della distanza, quasi della “santità”, come ama dire Patrizia Bernardi.
Forse è questa distanza, unita all’effetto distanziatorio che la comicità detiene per antonomasia, a far sì che la parola abbracci un insieme ampio di questioni titolarmente diverse ma tutte profondamente radicate nelle questioni sociali del nostro tempo. Come se il teatro si facesse “magazine”, un rotocalco di notizie da sfogliare, da osservare ed approfondire. Perlustrare.
E forse è questo il solco da cui germina la stand-up comedy insieme ad una nuova temperie di microgeneri post-drammatici, dal redivivo poetry slam alla spoken word.

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Materiale tour 2023 a Barcellona e a Marsiglia.